Analisi tattica, fuochi d’artificio tra campionato e Champions: luci e ombre del 3-4-2-1 di Tudor

Otto gol segnati in due partite, ma anche sette subiti. La Juventus di Igor Tudor continua a regalare emozioni e partite dal cuore forte: prima il 4-3 spettacolare contro l’Inter all’Allianz, poi il 4-4 pirotecnico in Champions contro il Borussia Dortmund. Due gare che hanno acceso l’entusiasmo dei tifosi, ma che al tempo stesso mettono in evidenza pregi e difetti di una squadra ancora alla ricerca del giusto equilibrio.
Lo schieramento: due volti dello stesso 3-4-2-1
La Juve ha confermato il sistema di gioco scelto da Tudor, il 3-4-2-1 che in fase di possesso diventa un 3-2-4-1 molto offensivo.
Contro l’Inter: Kalulu è stato utilizzato da esterno alto a destra, con Locatelli e Thuram a comporre la cerniera centrale e Koopmeiners sulla trequarti al posto dell’indisponibile Conceição.
Contro il Borussia Dortmund: Kalulu è tornato nel suo ruolo naturale di braccetto destro nella difesa a tre, mentre a centrocampo Koopmeiners si è abbassato accanto a Thuram. Sulla trequarti spazio a David, dietro al tandem offensivo Yildiz–Openda, con Vlahović subentrato e decisivo con due gol e un assist.
Due interpretazioni diverse, ma sempre con lo stesso filo conduttore: qualità e visione di gioco in mediana, senza rinunciare a muscoli e corsa per proteggere la difesa.
Fase di possesso: brillantezza e tante soluzioni
In avanti, la Juventus ha impressionato. L’ispirazione di Yildiz, la concretezza di Vlahović e la capacità di inserimento dei centrocampisti hanno reso la squadra imprevedibile. Il dato è chiaro: otto gol in due partite non arrivano per caso.
Contro l’Inter è stata decisiva la freschezza di Adzic, autore del gol del definitivo 4-3.
Contro il Borussia la Juve ha costruito con continuità, riuscendo a rimontare con coraggio e qualità.
La fase offensiva funziona perché la squadra si alza compatta, sfrutta le catene laterali e trova sempre l’uomo tra le linee. Tudor sembra aver trasmesso un’idea precisa: attaccare con tanti uomini e con grande coraggio.
Fase di non possesso: il tallone d’Achille
Se in avanti la Juve entusiasma, dietro resta un problema evidente. Sette gol subiti in due partite sono un campanello d’allarme. Le analogie tra le due gare sono chiare: molti dei gol concessi arrivano da conclusioni dal limite dell’area.
Questo evidenzia una doppia falla:
Tra la linea difensiva a tre e i due mediani si creano spazi troppo ampi, che permettono agli avversari di calciare con eccessiva facilità.
Non mancano gli errori di comunicazione nelle marcature: emblematico il primo gol di Adeyemi contro il Borussia, quando Kelly lascia la copertura sull’esterno giallonero senza che nessun compagno lo prenda in consegna. Risultato: tiro indisturbato dal limite e palla in rete.
La sensazione è che, quando la squadra si abbassa troppo nella propria area, manchi compattezza e prontezza nello scivolare sulle linee di passaggio e nel portare pressione sul portatore.
Come correggere il problema?
Tudor dovrà lavorare sull’assetto difensivo senza snaturare la mentalità offensiva che sta dando frutti. Una possibile soluzione è alzare la linea difensiva: con centrali rapidi e aggressivi come Bremer, Kelly e Kalulu, la Juve può permettersi di difendere più lontano dalla porta, aumentando la pressione sul portatore e riducendo il tempo e lo spazio per i tiri dalla distanza.
Meno attesa, più coraggio anche in fase di non possesso: questa potrebbe essere la chiave per trasformare la Juventus da squadra spettacolare a squadra vincente.
Conclusione
Due partite indimenticabili hanno confermato una verità: la Juventus di Tudor sa come entusiasmare i tifosi, ma deve imparare a soffrire meno dietro. Le basi ci sono: qualità individuali, freschezza dei giovani e un impianto offensivo che funziona. Ora serve il passo in più, quello dell’equilibrio.
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