Tonali, Mainoo, Thuram e Yildiz: la Juve sogna un centrocampo stellare

La Juventus non guarda solo al presente: osserva il futuro con occhi da scacchista. Dopo un inizio di stagione altalenante, la società ha capito - semmai avesse avuto dei dubbi - che la squadra ha bisogno di certezze in mezzo al campo, e il mercato, tra gennaio a giugno, diventa più che mai il laboratorio per costruire un centrocampo giovane, moderno e di livello europeo. Con quel pizzico però di esperienza che non guasta mai e anzi, serve come il pane per dare quel tocco in più.
Le ultime voci di mercato parlano di un amore costante, che dura da almeno due anni, per Sandro Tonali, un'attrazione quasi fatale di Comolli per Kobbie Mainoo e una tentazione Bernardo Silva a zero: un mix di tecnica, forza fisica e disciplina tattica, in grado di dare equilibrio a una squadra che spesso ha sofferto proprio in quella zona del campo. L'idea dei bianconeri è chiara, e sulla carta attuabile: a gennaio Kobbie Mainoo in prestito oneroso fino a giugno e alla prossima stagione, con obbligo di riscatto per il 2027. A giugno, Bernardo Silva a parametro zero, gratis, mentre l'unico grosso investimento sarebbe su Tonali, per il quale ci vorranno almeno 60-70 milioni di euro. Per finanziare l'acquisto, uno sforzo della proprietà ma anche il ricavato, si spera, dei riscatti definitivi di Nico Gonzalez, Douglas Luiz e la cessione di Koopmeniners. Via anche McKennie,
Il sogno bianconero, almeno sulla carta, si schiera in un 4-3-1-2 che sembra fatto apposta per fondere esperienza e talento: Kephrem Thuram a sinistra, dinamico e costante nel sostegno alla difesa e nel proporsi come rifinitore aggiunto; Tonali, vertice basso, cuore pulsante della squadra e metronomo che detta i tempi; Mainoo, giovane ma già maturo nella lettura del gioco, mezzala destra pronta a inserirsi e a rompere linee, una sorta di Pogba meno geniale ma più disciplinato. Alle spalle delle punte, Yildiz come trequartista - con Gilberto Silva pronto alla bisogna -, tra le linee, con la libertà di inventare, un Kakà moderno con licenza di creare superiorità numerica e scardinare difese compatte.
Se la Juventus riuscisse a mettere insieme questo puzzle, l’effetto sarebbe immediato: centrocampo solido, brillantezza creativa e possibilità di variare il gioco senza dipendere dai singoli episodi. Ma, come sempre accade, la bellezza della costruzione è anche la sua fragilità: i giovani possono brillare o smarrirsi, la chimica richiede tempo e pazienza. È qui che l’esperienza di Tudor, o chi per lui, entrerà in gioco, come direttore d’orchestra che deve far dialogare fisicità e talento, continuità e fantasia.
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