Il Fatto Quotidiano affonda la Juve: “La vera Juventus non esiste più!”. Ecco perché

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Ieri alle 23:31Altre notizie
di Massimo Reina
Tra esoneri a raffica, spese folli e un’identità smarrita, il club bianconero vive il momento più confuso della sua storia recente.

C’era una volta la Juventus, quella che vinceva anche senza incantare. Oggi — scrive Il Fatto Quotidiano — non c’è più. Dell’antico rigore resta solo la maglia, pesante come un macigno sulle spalle di chi la indossa. L’esonero di Tudor è solo l’ultimo capitolo di un romanzo che racconta la decadenza di un’idea. Perché qui non si parla solo di risultati, ma di identità perduta, di principi smarriti tra i corridoi della Continassa.

Numeri alla mano, la Juventus è diventata un cimitero di panchine. In 128 anni di storia, dieci esoneri totali, ma tre — Allegri, Thiago Motta e Tudor — solo nell’ultimo anno e mezzo. Una sequenza che sa di smarrimento più che di rinnovamento. Tudor è durato sette mesi, con una media punti da provinciale (1.58) e uno zero alla voce “trofei”. L’ultimo tecnico cacciato a ottobre era stato Luis Carniglia nel 1969. Mezzo secolo fa.

Il disorientamento non è solo tecnico ma anche economico. In sette anni la Juventus ha perso quasi un miliardo di euro. Exor, la cassaforte di famiglia, ha messo toppe su toppe, ma i buchi aumentano. L’ultima campagna acquisti è il simbolo di un club che spende tanto e male: 137 milioni per Openda e Zhegrova, finora lontani dall’essere determinanti. E prima ancora l’operazione Koopmeiners, 50 milioni che hanno pesato sul bilancio come un macigno.

I numeri di Tudor

Zero vittorie nelle ultime otto partite, quattro gare senza gol e un record negativo che non si vedeva dal 1991, quando in panchina sedeva Luigi Maifredi. Dei nove gol segnati in Serie A, quattro sono arrivati contro l’Inter: gli altri cinque, dispersi come foglie al vento tra sette partite di smarrimento. L’astinenza da vittorie rievoca la stagione 2008/2009, quella del tramonto di Ranieri.

Tudor, come chi lo ha preceduto, paga colpe non solo sue. È la vittima sacrificale di un sistema che non ha più direzione, né progetto, né coraggio. La Juventus di oggi non è più un modello, ma una squadra in cerca d’autore. Il motto di Boniperti — “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta” — è diventato un eco lontano, quasi una bestemmia sussurrata tra le rovine. La vera Juventus, quella che metteva paura solo a nominarla, non esiste più. Rimane la sua ombra, che vaga incerta tra bilanci in rosso, panchine ballerine e una tifoseria che, più che arrabbiata, ormai è stanca.