Pedullà: “La Juve non può essere un catalogo primavera-estate”

C’è un modo elegante per dire che la Juventus non ha più una direzione precisa: Alfredo Pedullà lo fa con la sua ironia ruvida e il piglio del cronista di trincea. “La Juve cambia ancora, ma non può essere un catalogo primavera-estate”, dice nel suo ultimo intervento sul suo canale personale YouTube, riferendosi all’ennesima rivoluzione dirigenziale in casa bianconera.
Pedullà non parla per provocare, ma per mettere il dito nella piaga: sei mesi un dirigente, sei mesi un altro, poi via, si riparte da zero. È come rifare le fondamenta ogni volta che cade un vaso in salotto. E infatti, aggiunge, “così si finisce fino alla fine della confusione, non fino alla fine della Juve”. Il suo discorso è ampio, lucido e velenoso al punto giusto. Da una parte c’è l’analisi economica — con i 25 milioni lordi di monte ingaggi tornati a pesare come un macigno, e l’ammissione che “il ridimensionamento è durato poco, la spesa è ripresa”. Dall’altra c’è la filosofia calcistica: una squadra, dice Pedullà, può anche sbagliare mercato, ma se cambia struttura ogni sei mesi non costruirà mai nulla.
“Serve un piano triennale, non un catalogo postal-market. La Juve non può vivere di stagioni usa e getta”, spiega con quella semplicità che spesso manca nelle stanze dei piani alti. “I grandi dirigenti mettono radici, non impronte di passaggio”, dice Pedullà. E allora ecco la domanda che rimbalza dalle sue parole: che Juve è oggi quella che cambia struttura ogni semestre? Quella che prima punta su Paratici, poi su Cherubini, poi su Giuntoli e adesso parla di Comolli, Modesto, Chiellini? È una Juve che non sa ancora chi vuole essere. Il giornalista lo dice senza filtri: “Bisogna vincere fuori dal campo, prima che dentro. E per farlo serve coerenza”. La Juventus, conclude, deve smettere di vestirsi a stagione: primavera, estate, autunno, inverno. Serve un abito unico, cucito addosso.
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