Simone Pepe: “Conte ci fece scoppiare al caldo, poi ci chiamò eroi. Nella Juve di oggi batte quel cuore”
C’è una nostalgia buona nelle parole di Simone Pepe. Non quella malinconica, ma quella che profuma di erba bagnata, di sudore condiviso, di spogliatoi dove la voce di Conte rimbombava come un tuono d’estate. “A Philadelphia scoppiammo tutti — racconta a Tuttosport — quaranta gradi, un’umidità da tagliare a fette. Ma alla fine ci disse: ‘In quel momento ho capito che in rosa avevo degli eroi’”.
Eroi di una Juventus che si rialzava dalle ceneri, dopo l’anno difficile con Del Neri. Sul quotidiano torinese, che lo ha intervistato in esclusiva, Pepe ricorda tra le altre cose il primo giorno a Vinovo come una rivelazione: “Non capivo cosa fosse il Dna Juve, finché non entrai lì. Tanti campioni, ma un’umiltà rara. Lì impari che non basta giocare: devi onorare”.
Poi arrivarono Pirlo, Vidal, e quella macchina perfetta che divorava chilometri e avversari. “Quando abbiamo visto Vidal la prima volta — sorride — ci siamo chiesti da che pianeta venisse. Un motore infinito, come la nostra voglia di vincere”. Oggi guarda la Juventus di Tudor e riconosce le crepe, ma anche i battiti. “È fragile, sì. Ma dentro c’è ancora qualcosa di noi, di quella fame, di quella rabbia buona. La storia non si cambia”. E in fondo, Pepe lo sa: certe cicatrici, come certi amori, portano ancora i colori bianconeri.
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