“Quelli che”… vogliono la rassegnazione. Noi no, Noi bianconeri No!

 “Quelli che”… vogliono la rassegnazione. Noi no, Noi bianconeri No!TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Gianfranco Irlanda
domenica 5 febbraio 2023, 20:27Editoriale
di Roberto De Frede
Buon gusto è la facoltà di reagire continuamente all’esagerazione. (Hugo Von Hofmannsthal)

L’apparente spensieratezza contro l’Atalanta, la reale dissennatezza con il Monza, la normale amministrazione (pardon, parola evitabile in questo periodo) con la Lazio, sono tutte facce probabili di una stessa medaglia. Mi direte: una moneta non ha solo due facce? Queste ne sono tre! Certo, ed io vi dirò ancora di più, che nel nostro caso la moneta in questione “creata da un marchingegno diabolico” rischia di averne una soltanto, quella della rassegnazione: quel vuoto aspettare, contando i giorni come i grani di un rosario, sapendo – scriveva Flaiano - che non ci appartengono, ma sono giorni che pure dobbiamo vivere perché ci sembrano preferibili al nulla.

Questa patologia indotta della rassegnazione, che sta gironzolando fastidiosa in campo e altrove, è lentamente instillata come un batterio, a regola d’arte, nelle gambe e nella testa dei calciatori della Juventus e nei sogni e pensieri dei tifosi; inoculata dalle sentenziate pene afflittive, dalle giostre giuridico-politiche che ruotano intorno, da rivali sedicenti sportivi che nulla hanno a che fare con le tenzoni cavalleresche, insomma da “Quelli che…”

Non avendo nulla a che fare con l’animo nobile e combattivo bianconero, a volte e con estrema naturalezza, grazie all’antibiotico di quella casacca leggendaria, viene combattuta, dimenticata, lasciata per un po’ negli armadietti, tanto è che si riesce ancora a riveder le stelle, partite vinte e soprattutto giocate senza paura di correre inutilmente. Altre volte purtroppo il microbo “rassegnato” riemerge forte, scaglia via i pezzi di sogni e imbriglia negli incubi scaraventatici contro da “Quelli che” vorrebbero sempre un Juve-Monza: ce la stanno mettendo tutta, ma potrebbero avere anche brutte sorprese.

La rassegnazione purtroppo quando comincia a imperversare fa sentire soli, calciatori e tifosi, che ad onor del vero, sono i veri pilastri del calcio, palla a parte. Ciò non significa che sono imposti i ventotto anni che Robinson Crusoe dovette trascorrere, solo sopravvissuto a un naufragio, sull'isola remota al largo del Venezuela, incidendo ogni giorno una tacca sul legno per non perdere coscienza del tempo che inesorabilmente passava, narrati nel romanzo di Daniel Defoe. Quella di Crusoe, che la si può chiamare solitudine da isola deserta, è la condizione di chi è tagliato fuori da ogni tipo di relazione umana, propria soltanto di naufraghi, eremiti, viaggiatori o naviganti solinghi per scelta, per necessità o per disgrazia. Questa nostra solitudine invece è quella che ci prende sia in campo che sul divano di casa, e ciò che più fa soffrire è quella sorta di apnea e di inutilità che si prova nel sentirci sì soli, ma in mezzo a molti, a molti ahimè come noi.

La mancanza di minime e ordinarie certezze, lo stato d’animo limbico, le voci presunte vere o spudoratamente false di ulteriori penalizzazioni sportive, una burocrazia fluttuante, la sensazione che tutto, ma proprio tutto può accadere tanto da far ritenere il futuro un qualcosa di inutilmente raggiungibile, per di più senza germi di possibilità nuove da coltivare e da far crescere, favoriscono il contagio della rassegnazione. È pur vero che in ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato, Bertrand Russell docet, ma qui mi sembra un poco esagerato. Far gol, portare i tre punti a casa, vincere, passare i turni, arrivare chissà in finali italiane ed europee, ed alla fine esclamare: basterà tutto questo? E se “Quelli che”…?

Qui mi ritorna in mente il genio di Collodi e la modernità delle Avventure di Pinocchio: l'aver disegnato il Lorenzini, sullo sfondo delle marachelle pinocchiesche, un paese in cui per sopravvivere bisogna essere in grado di sgusciare tra le maglie di istituzioni farraginose quando non corrotte, di sfuggire a un potere arbitrario e indifferente, e di aggirare l'inefficienza di un'amministrazione pubblica che pensa più alla propria sopravvivenza che al buon governo. Né Collodi dimostra più fiducia nelle istituzioni politiche, perché anche in questa direzione ha posizioni che sfiorano, prima della sua nascita storica, il qualunquismo. Ne è l'emblema il commento del Tonno, di fronte a una discrepanza di valutazioni sulle opportunità di fuga tra lui e Pinocchio: «La mia è un'opinione, e le opinioni, come dicono i Tonni politici, vanno rispettate». Un modo come un altro per dire che la politica è un incrociarsi di convinzioni basate su cognizioni approssimative di quello di cui si parla. Mah, per fortuna sono solo pensieri pinocchieschi, fiabeschi, ricordi di lontane letture, lontani dal mondo di oggi… di “Quelli che…”.

“Quelli che…”, i denigratori della Juventus, desiderano che quella patologia infusa rimanga quale marchio distintivo sulla maglietta bianconera; ce lo consigliano, dolosamente e con cattiveria perché sanno che il rassegnato si indebolisce sempre di più. “Quelli che” invece giustificano subdolamente il loro suggerimento facendo credere che sia l’unica soluzione di fronte alle inevitabili difficoltà della vita. Lo è, ma erroneamente, solo per chi non sa che dalla rassegnazione, dalla virtù dei vinti, ci vuol poco, se ti chiami Juventus, a passare al coraggio dell’anima e alla resistenza, credendo e ridando vita a sogni infranti, e perché no, a classifiche ricostruite su tavolini traballanti.

Poveracci, “Quelli che – canterebbe il grande Jannacci - tirano la prima pietra, ma che anche la seconda e la terza e la quarta e dopo E dopo se sa no…Poveracci, "Quelli che”… vorrebbero che tutto fosse già finito (male, malissimo) per la Juventus, forse un giorno, chissà, dovranno rassegnarsi loro… oh yeh!