Nella mente di Spalletti, allenatore-psicologo: “Col gruppo costruisco abitudini, non solo schemi”
Luciano Spalletti sa che allenare la Juventus non significa solo impartire schemi tattici o dettare regole di gioco. Dietro ogni seduta, ogni esercizio, c’è un lavoro quasi psicologico, volto a modellare la mente dei giocatori tanto quanto il loro fisico. Ieri, in conferenza stampa alla vigilia della sfida con la Roma, il tecnico ha delineato il rapporto con il gruppo e con i singoli: un mosaico di cura, analisi e fiducia.
“Il gruppo si è allenato molto bene, li ho visti interessati ai concetti che affrontiamo. Mi sembra di vederli tutti più coinvolti adesso”, ha spiegato, mostrando quanto l’attenzione al dettaglio e all’atteggiamento mentale sia parte integrante del suo metodo. Spalletti ha poi parlato dei singoli, senza risparmiare valutazioni puntuali e sincere. Milik, ad esempio, “lo ho trovato come un bambino felice che ha la possibilità di tornare a fare il gioco che gli è sempre piaciuto. È un ragazzo pieno di entusiasmo, conosce questo sport e il ruolo che ricopre”. McKennie viene lodato per la sua duttilità e la capacità di passare da un ruolo all’altro senza cali di intensità.
Bremer sarà titolare, mentre Cabal e Rugani saranno valutati in base alle condizioni fisiche del mattino, a sottolineare l’attenzione minuziosa dello staff alla gestione del carico di lavoro. Ma il vero esempio del lavoro psicologico di Spalletti emerge nel racconto di Cambiaso: “È un giocatore che legge i dati che gli vengono inviati sul cellulare per capire come ha performato. È molto autocritico, riflessivo, vuole sempre fare meglio. È un calciatore moderno. Quando uno è presuntuoso è meglio che non si alleni; lui invece è concentrato, vuole crescere”.
Non solo talento, quindi, ma formazione di abitudini corrette, crescita mentale e capacità di adattamento. Su Locatelli, Spalletti nota come stia imparando a interpretare il ruolo di equilibratore in modi nuovi, adattandosi a un calcio diverso da quello abituale. E infine, la visione più ampia: “Creo delle abitudini corrette nella testa dei giocatori a prescindere da chi scenderà in campo. Domani capiremo se riusciremo a essere bravi a uscire da dietro anche senza un giocatore tecnico come Teun”. In casa Juventus, quindi, la sfida non è solo sul campo: è dentro la testa dei giocatori, tra schemi, autocritica e responsabilità individuale. Spalletti costruisce prima l’uomo, poi il calciatore.
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